Classifica 2015: Le prospettive
< I campioni in GDO Vino, sei anime, tanti numeri >
Cosa dicono i tanti numeri della classifica 2015?
Prima di tutto che il mercato del vino, al di là della sua aureola glamour e dei lusinghieri riscontri oltre frontiera, continua a essere molto difficile, a causa del calo costante dei consumi, degli alti costi di distribuzione e del peso elevatissimo delle promozioni che caratterizza le vendite nella grande distribuzione organizzata, il canale che si aggiudica l’80% delle vendite di vino confezionato.
Sempre molto diretto, Sergio Dagnino, dg di Caviro, operatore leader nella gdo, non fa sconti: «Il lieve incremento dello 0,4% dello scorso anno non compensa in nessun modo quello che si è perso negli scorsi anni e inoltre l’inversione di tendenza si è già annullata nei primi 2 mesi del 2016».
Si vedrà se ci sarà un recupero in corso d’anno. E’ anche vero però che, lontane dagli spazi Gdo, sono tante le cantine soddisfatte dell’andamento degli affari nel primo trimestre dell’anno. Nessuno mente, naturalmente. A fare la differenza ancora una volta è l’export. Fuori casa le vendite continuano a tirare, sospinte in particolare dal Prosecco, le bollicine fenomeno che trainano tutta l’area spumanti e hanno rappresentato il locomotore principale delle esportazioni 2015. Interessante anche a questo proposito il punto di vista di Dagnino: «Senza Prosecco e Pinot grigio il risultato estero sarebbe stato ben diverso. L’Italia continua ad avere buone posizioni, ma è indubbio che ci siano problematiche per altre tipologie di vino, come i rossi: su questo tavolo Spagna e Cile stanno dando molto fastidio alle produzioni italiane».
Insomma l’export funziona, ma non per tutti allo stesso modo. Mentre diventa indispensabile per gli operatori aprirsi a nuove forme di comunicazione e vendita, e-commerce e social media, ritenute ormai a tutte le latitudini, nuovi decisivi driver di sviluppo. Non a caso la grande spinta verso la sfida digitale è stata il tema centrale dell’ultimo Vinitaly, con un impegno in prima persona del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina (che ha invitato, tra l’altro, a Verona tutti i giganti del web) e la presenza di Jack Ma fondatore di Alibaba, colosso cinese dell’e-commerce promossa e organizzata da Vinitaly e in particolare dal suo braccio operativo estero Vinitaly international, guidato da Stevie Kim.
Valorizzazione dei brand e delle diversità territoriali e cura maniacale della qualità sono oggi il comune denominatore e la strada maestra di tante cantine. Contemporaneamente «sarebbe importante creare una cultura nuova nei confronti del vino, inteso come parte della nostra storia e del nostro dna», dice Sandro Boscaini, presidente Federvini, apprezzando la proposta del senatore pugliese Dario Stefano di introdurre nelle scuole primarie e secondarie l’insegnamento della «storia e civiltà del vino». Questo aiuterebbe anche il consumatore a distinguere tra vino e vino, riconoscendo le eccellenze meritevoli di essere pagate quel quid in più e nel tempo potrebbe determinare «un ribilanciamento tra export e mercato interno», sottolinea Boscaini che aggiunge: «La conoscenza è decisiva nell’accettazione di un prezzo e d’altra parte così si spiega perché un litro di Champagne costi mediamente 24 euro e un nostro spumante solo 3,20 ».
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