L’analisi: aziende dai 500 ai 80 milioni

< La Classifica 2014 Prosecco e vini fermi >

Riunite, Caviro, Mezzacorona: tre coop sul podio

I conti dell’ultimo esercizio consolidano la supremazia del mondo cooperativo che si piazza ancora una volta sul podio dell’industria italiana del vino. La medaglia d’oro è delle Cantine riunite & Civ, di Compagine (Reggio Emilia): titolare di un giro d’affari di oltre 500 milioni,   si piazza ai piani alti delle classifiche mondiali e distanzia di varie lunghezze tutti i competitor nazionali. Il consorzio emiliano presieduto da Corrado Casoli ha due teste: raccoglie infatti sotto il suo cappello 2mila soci viticoltori, una ventina di cantine sociali e anche il Giv. La spa di Calmasino (Verona), oggi guidata dal  neo dg Roberta Corrà, che fattura più della capogruppo ed è il maggiore singolo protagonista del mercato, proprietario a sua volta di storiche cantine in tutta Italia, come Nino Negri in Lombardia, Bolla in Valpolicella, Rapitalà in Sicilia, Castello Monaci in Puglia. Cantine riunite & Civ è leader nella produzione di Lambrusco, Prosecco e vini frizzanti: Cavicchioli e Maschio sono due dei suoi marchi molto familiari sugli scaffali della grande distribuzione. Ma non solo. «Alcuni prodotti Cavicchioli sono i più venduti in Cina attraverso il canale on line, più vantaggioso per i consumatori in un paese in cui ci sono tanti passaggi commerciali», racconta Casoli, preannunciando la trasformazione dell’agenzia di Shangai in società di trading». «Nel suo complesso il 2014 è stato un anno discreto e la rivalutazione dell’euro sul dollaro ci offre interessanti possibilità di sviluppo nel 2015», precisa ancora Casoli, anche presidente Giv,  che non esclude crescite per linee esterne, in regioni dove il gruppo è ancora assente  come Campania, Sardegna, Abruzzo e Marche, ribadendo però l’export come principale driver di crescita. La medaglia d’argento è della Caviro di Faenza (Ravenna) con più di 230 milioni di fatturato nel solo comparto vino che rappresenta il 73% del suo consolidato comprendente anche distillerie ed energia. 32 cantine socie e 11.675 viticoltori Caviro è il maggiore produttore d’uva in Italia (rappresenta più del 10% dell’intera produzione nazionale) e anche il primo attore nella Gdo,  sia in termini di volumi (14,2%) che di valore (8,3%). Titolare di marchi familiari nell’area dei cosiddetti vini quotidiani, come Tavernello (marchio italiano più diffuso al mondo), Castellino o Volo rosso, la coop agricola è guidata dal dg Sergio Dagnino e ha puntato decisamente la rotta sui mercati esteri che assorbono circa un terzo del suo fatturato. Funzionale all’export è il progetto superpremium   che ha dotato il portafoglio aziendale di prodotti di pregio, come il Brunello di Montalcino, il Chianti Da Vinci, l’Amarone della Gerardo Cesari, i vini pugliesi della Torrevento. Medaglia di bronzo per la trentina Mezzacorona che sfoggia un bel progresso e consolida in scioltezza la sua posizione sotto la presidenza di Luca Rigotti e la guida del dg Fabio Maccari. Coop di primo grado che conta 1500 soci, Mezzacorona controlla tutta la filiera produttiva dall’uva allo scaffale (tra le sue marche più note lo spumante Rotari e i vini siciliani Feudo arancio) e svolge una parte significativa nel sostegno della costosa economia agricola del Trentino. «Il risultato più importante del 2014, al di là del fatturato, è il record di remunerazione ai nostri soci che ha superato i 50 milioni, nel  rispetto della mission di una cooperativa: dare reddito ai soci», racconta Rigotti sottolineando le fatiche e i costi maggiori di un’agricoltura di montagna: «Occorrono 600 ore di lavoro per ettaro, contro le 200 ore delle zone di pianura, dove si opera con le macchine».

Corrado Casoli, presidente Cantine Riunite & Civ e del controllato Giv

Corrado Casoli, presidente Cantine Riunite & Civ e del controllato Giv

Roberta Corrà, direttore generale Giv

Roberta Corrà, direttore generale Giv

Sergio Dagnino, direttore generale Caviro

Sergio Dagnino, direttore generale Caviro

Luca Rigotti, presidente Mezzacorona

Luca Rigotti, presidente Mezzacorona

 

Marchesi Antinori, Fratelli Martini, Zonin 1821: i primi tre privati

Primati a go go per la celebre griffe Marchesi Antinori, al quarto posto con 169,5 milioni: è la più grande azienda privata produttrice d’Italia, possiede la maggiore estensione di vigneti (2670 ettari di proprietà, in crescita sul 2013), vanta una redditività ai vertici del mercato (ebitda pari al 41,6% del fatturato). Marchesi Antinori è da 9 secoli di proprietà dell’omonima famiglia fiorentina di Piero Antinori con le sue figlie Albiera, Allegra e Alessia, 26ma generazione in campo. Cantine del calibro di Tignanello, Antinori nel Chianti classico, Castello della Sala, Pian delle vigne o ancora Guado al Tasso, compongono una realtà di valore assoluto, in grado di controllare tutta la filiera produttiva, puntando con decisione sulla valorizzazione e sulle potenzialità delle singole fattorie e dei marchi, anche meno famosi. «La nostra scelta strategica non è mai stata e non sarà mai la crescita in volume», dice Renzo Cotarella, enologo e ad della società, ma anche amico fidato della famiglia, «se vogliamo conseguire qualità e margine operativo, è vitale il contatto costante con la materia prima, e cioè il controllo dei vigneti, in modo da dare ai nostri prodotti sempre più identità e autenticità». Al quinto posto la piemontese Fratelli Martini di Cossano Belbo (Cuneo) è il maggiore imbottigliatore e vinificatore del settore. Dietro i 70 milioni di bottiglie dirette principalmente sui mercati esteri (export 89%) c’è l’acquisto di uve nelle principali zone di produzione e il rapporto consolidato con più di 1800 coltivatori piemontesi. Di proprietà di Gianni Martini, nel 2014 l’azienda è cresciuta di più in Italia che all’estero. Al sesto posto, ma ormai a un’incollatura da Martini, si torna a un’azienda che cura i suoi vigneti da 7 generazioni: è la Zonin 1821, nuovo logo corporate (by Robilant associati) della casa vinicola veneta di Gianni Zonin (presidente) e dei suoi figli Domenico (neo ad) Francesco e Michele (entrambi vicepresidenti): tra le più note famiglie del mondo del vino, proprietaria di 1900 ettari in produzione al servizio di 9 cantine: dal Feudo di Butera in Sicilia a Castello d’Albola nel Chianti classico in Toscana, dalla Masseria Altemura in Puglia alla Tenuta Ca’ Bolani in Friuli. Negli ultimi sette anni l’azienda ha moltiplicato per 5 il suo fatturato, grazie al forte lavoro sui mercati esteri. Possibili nuove crescite per linee esterne: «Non cerchiamo marchi già affermati e guardiamo soprattutto nelle tre regioni in cui ancora non siamo presenti: Marche, Abruzzo e Umbria. In altre zone, come Montalcino, non è il momento adatto a causa di prezzi troppo elevati. Bisogna sapere aspettare, si acquista meglio».

Albiera, Allegra, Alessia con il padre Piero Antinori, Marchesi Antinori

Albiera, Allegra, Alessia con il padre Piero Antinori
Marchesi Antinori

Gianni Martini,proprietario Fratelli Martini

Gianni Martini,proprietario Fratelli Martini

Francesco, Michele e Domenico con il padre Gianni Zonin, Zonin 1821

Francesco, Michele e Domenico con il padre Gianni Zonin, Zonin 1821

Da Cavit a Cantina di Soave: altri 8 big over 100 milioni

Enrico Zanoni, direttore generale Cavit

Enrico Zanoni, direttore generale Cavit

Al settimo posto di nuovo una coop: è la Cavit di Ravina (Trento), il Consorzio guidato da Enrico Zanoni che raccoglie 11 cantine e 4500 viticoltori e rappresenta il 60% della produzione vitivinicola trentina. Tra le iniziative più funzionali allo sviluppo aziendale c’è l’acquisizione della casa spumantistica Kessler in Germania (1 milione di bottiglie, 5 milioni di fatturato), che potenzia l’area spumanti, un asset strategico dell’azienda (tra i prodotti di punta la linea Altemasi) e rappresenta un nuovo canale per le uve Chardonnay dei soci.

Sasha Cumia, direttore polo vini gruppo Campari

Sasha Cumia, direttore polo vini
gruppo Campari

Segue all’ottavo posto il gruppo Campari con il suo polo di vini, in flessione per la vendita di Odessa sparkling wine. Tocca ora a Sascha Cumia, neo director wines, definire la nuova strategia del gruppo sul fronte vino: dopo la decisione di interrompere la distribuzione dei brand di terzi, l’azienda è ora concentrata sulle aziende di proprietà, alcune di grande valore come Sella e Mosca in Sardegna e la Enrico Serafino in Piemonte. Anche se restano sullo sfondo voci di una possibile uscita dal business vino, meno redditizio rispetto al mercato degli spirits nel quale Campari detiene la leadership in Italia e il sesto posto nella classifica mondiale.

Simone Strocchi vicepresidente IWB

Simone Strocchi vicepresidente IWB

Al nono posto la Iwb: la prima new entry della classifica 2014 è anche la prima azienda vinicola quotata in Borsa. E’ nata dall’aggregazione tra due aziende molto diverse tra loro: la Giordano vini, che fino al 2013 è stata presente direttamente in graduatoria e la Provinco Italia di Rovereto.La prima opera nella vendita diretta (web e call center) ed è titolare di due cantine di vinificazione in Piemonte e Puglia.  Provinco invece lavora solo all’estero, nella gdo, proponendo di volta in volta i vini più richiesti. «Niente vigneti: la terra richiede forti immobilizzazioni di capitale con rese molto basse: Italian wine brands ha impianti di vinificazione, stoccaggio e imbottigliamento all’avanguardia, con i quali presidia la parte a maggiore valore aggiunto dell’industria del vino», dice Simone Strocchi vicepresidente operativo di Iwb e promotore dell’operazione.  Al momento Iwb compra uve e mosti e realizza più di 160 etichette nella fascia popular premium (3-5 euro), per il 65% dirette all’estero. Presieduta da Mario Resca ex presidente Mc Donald’s Italia, Iwb è guidata da due ad, Alessandro Mutinelli, ex proprietario Provinco e Simon Pietro Giordano (ex ad Giordano).«Con la terza aggregazione che contiamo di fare entro il 2015, chiederemo il passaggio al mercato principale di Borsa italiana», parola di Strocchi.

Alessandro, Annalisa e Luca Botter, Casa vinicola Botter Carlo

Alessandro, Annalisa e Luca Botter, Casa vinicola Botter Carlo

Al decimo posto la casa vinicola della famiglia Botter, imbottigliatori dai grandi numeri (67 milioni di bottiglie) che operano quasi esclusivamente all’estero, archivia un anno di calma piatta (+0,60%), dopo il vento in poppa del 2013(+ 29,5%).

Giorgio Pizzolo, proprietario e presidente Enoitalia

Giorgio Pizzolo, proprietario e presidente Enoitalia

Fatturato invariato anche per la Enoitalia della famiglia Pizzolo: un’altra azienda industriale, che porta sul mercato più di 80 milioni di bottiglie, con marchi propri e di terzi. Tra i suoi programmi, la neonata iniziativa Vite mia, con la quale il gruppo ha appena lanciato un primo progetto di filiera in Puglia, attraverso l’accordo con un gruppo di viticoltori salentini. Enoitalia rappresenta solo una parte delle diversificate attività familiari che comprendono anche la cantina Valle Reale a Popoli, in Abruzzo (più di 50 ettari di vigna), curata e coccolata da Leonardo Pizzolo.

 

 

Luca Marzotto, vicepresidente, Ettore Nicoletto ad e Gaetano Marzotto presidente Santa Margherita

Luca Marzotto, vicepresidente, Ettore Nicoletto ad e Gaetano Marzotto presidente Santa Margherita

Registrando il maggiore incremento di fatturato tra i big, Santa Margherita guadagna due posizioni e si piazza al 12mo posto. Il gruppo dei fratelli  Gaetano (presidente), Luca (vice), Stefano e Nicolò Marzotto si conferma tra i più brillanti del mercato (ebitda 27,8%) e tra quelli più pronti a crescere nel breve periodo. Non solo. Tra i progetti realizzati c’è il deciso incremento della proprietà di vigneti: in particolare nel Veneto orientale, per potenziare la produzione di Prosecco e Pinot grigio (i due punti forti della produzione aziendale),in Franciacorta, a supporto del gioiello Ca’ del Bosco e in Toscana, dove proprio quest’anno sarà concentrato nella nuova cantina di Greti tutto il lavoro nel Chianti classico, dove è presente con la cantina boutique Lamole di Lamole. Nel frattempo si intensifica l’impegno negli Usa dove l’azienda è presente da tempo e in maniera importante  anche con una propria società di importazione. Insomma ai Marzotto il vino piace e dopo aver investito 70 milioni negli ultimi 10 anni, sono pronti a crescere ancora con il contributo decisivo dell’ad Ettore Nicoletto, tra i manager più quotati del mercato.

 

I soci del Consorzio Cevico presieduto da Ruenza Santandrea

I soci del Consorzio Cevico presieduto da Ruenza Santandrea

Il dimezzamento del valore del vino sfuso negli ultimi due anni, dopo il raddoppio dei prezzi dei precedenti esercizi, ha penalizzato il risultato finale di Cevico. Il consorzio romagnolo, presieduto da Ruenza Santandrea, è il punto di riferimento di 5 mila viticoltori e di varie coop, per un totale di 6.775 ettari di vigneti al servizio di tutte le tipologie dei vini della regione. Nel 2014 ha avviato 3 partnership commerciali: Medici Ermete & figli di Reggio Emilia, San Patrignano di Coriano, Istituto tecnico agrario Scarabelli di Imola. Tra i suoi marchi più conosciuti nel canale Gdo c’è il Sancrispino e le Terre Cevico. Tenuto conto del lavoro svolto direttamente dalle cooperative di base, Cevico rappresenta un aggregato complessivo di 127 milioni.

Bruno Trentini, direttore generale Cantina di Soave

Bruno Trentini, direttore generale Cantina di Soave

L’andamento delle vendemmie più avare degli ultimi anni e il conseguente minore apporto di materia prima da parte dei soci, influenza il fatturato delle coop di primo grado, come la Cantina di Soave che chiude la rosa dei 14 big over 100 milioni. L’azienda diretta da Bruno Trentini ha dalla sua una patrimonializzazione invidiabile (più di 52 milioni) e, caso raro, lavora con capitale proprio senza  esposizione finanziaria. Da sottolineare la performance del segmento vino imbottigliato (+13%) sul quale si concentrano i programmi di sviluppo della coop anche in funzione di un maggiore impegno all’export.

La Vis, Marchesi de’ Frescobaldi, Ruffino: all’inseguimento

Dopo la flessione 2013, riprende quota e sfiora i 90 milioni di fatturato, il gruppo cooperativo La Vis, altro attore importante del Trentino con 1150 soci, guidato dall’ad Marco Zanoni. Tra le azioni di rilancio, la recente creazione di Canaletto Llc. Società di trading, importazione e distribuzione del vino italiano di qualità, con base a New York e piattaforme operative in Nord America, Asia e Russia, creata da La Vis (attraverso la controllata Casa Girelli)in combinazione con la Simest, finanziaria di sostegno alla internazionalizzazione delle imprese della Cassa depositi e prestiti. Compito della Canaletto (di cui La Vis possiede il 75%) è la promozione dei marchi Fine wines del gruppo trentino fin qui affidata a Ethica wines, società ora assorbita dalla stessa Canaletto. Il progetto di rete, aperto ad altri marchi di livello, ha obiettivi ambiziosi puntando su un giro d’affari nell’ordine di 20 milioni nell’arco di un quinquennio.

Lamberto Frescobaldi, presidente Marchesi de’ Frescobaldi

Lamberto Frescobaldi, presidente
Marchesi de’ Frescobaldi

Da 31 generazioni di proprietà della  omonima casata fiorentina, Marchesi de’ Frescobaldi si consolida al 16mo posto, grazie all’incremento costante del segmento vino: «Dal 2013 ad oggi la crescita è stata del 15%, sia in Italia che all’estero», sottolinea Giovanni Geddes da Filicaja, ad del gruppo presieduto da Lamberto Frescobaldi. Sotto le sue insegne si concentrano cantine famose come Castel Giocondo e Luce della vite a Montalcino, Castello di Nipozzano o ancora Ornellaia Masseto a Bolgheri. Quest’ultima è la culla di due etichette cult, Ornellaia e Masseto: i due vini italiani più contesi dai collezionisti e più battuti con quotazioni in crescita nelle aste del mondo. Importante ricordare che una parte consistente del business di Masseto è passata completamente alla gestione della rete di vendita della nota Place de Bordeaux, con eccezione di Italia, Usa e Canada. Un’ulteriore mossa per tenere nettamente separati i due cavalli di razza della cantina. L’azienda si confronta con due segmenti di mercato: quello dei vini di fascia medio-alta che lottano a mani nude in un mercato difficile e quello dei vini dalle quotazioni altissime che tira dritto allegramente, come tutto il settore del lusso. Tra i progetti in cantiere, uno è nel cuore della maison: è l’allargamento del brand Frescobaldi nel Chianti classico, denominazione importante che ancora manca nel suo ricco portafoglio che già comprende varie aziende in Toscana, con una tipologia di prodotti e prezzi che oscillano 5 a 70 euro. L’occasione è stata individuata e l’operazione è già avviata nel cuore del Chianti classico, ma i tempi per una definizione non sono ancora maturi.

Sandro Sartor, amministratore delegato Ruffino

Sandro Sartor, amministratore delegato Ruffino

 Tra le grandi aziende del mercato, Ruffino è quella che sta realizzando le crescite di fatturato più brillanti, con incrementi a due cifre anche in Italia. Di proprietà dell’americana Constellation brand, l’azienda toscana è sempre più «Chianti centrica», per dirla con il suo ad Sandro Sartor che, dopo aver concentrato le energie Ruffino nel suo territorio toscano, macina risultati di grande soddisfazione per l’azionista anche per quanto riguarda la redditività, tra le più elevate del mercato e in netto aumento «anche grazie al cambio». Interessante l’exploit realizzato sul mercato canadese dove i vini Ruffino non sono più affidati a un distributore, ma distribuiti direttamente dalla Constellation Canada, leader di quel mercato: morale in due anni i volumi sono raddoppiati.

< La Classifica 2014 Prosecco e vini fermi >

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